Chi ha paura di cambiare narrativa?

Ho guardato come tutti gli anni lo spot di John Lewis e mi è tornato in mente, come sempre in questo periodo dell’anno, perché non sopporto il Natale. Chiunque faccia questo mestiere aspetta il momento in cui vengono rilasciati le grandi campagne natalizie: si guarda, si impara, si sogna- talvolta.

Disclaimer: questo numero di BTL non sarà con me in veste del Grinch, lo giuro. Però diciamo un po’ le cose come vanno dette perché sono abbastanza sicura che lo straniamento non è appannaggio solo mio.

Se come abbiamo imparato brutalmente fin qui ogni battaglia può esser commercializzata e ogni dolore spettacolarizzato e brandizzato, piegato e svilito allora le cose possono assumere una profondità prospettica diversa.

Però facciamo un passo indietro e cerchiamo di comprendere lo scenario da cui arriva la grande tradizione adv di JL.

Come sono arrivate le pubblicità di John Lewis a simboleggiare il Natale per gli inglesi? I dati demografici principali del grande magazzino sono le classi medio-alte suburbane. Ma attira anche un numero enorme di “élite” metropolitane e urbane. Ha valori aziendali tipicamente Brit e la sua lunga e virtuosa storia nel trattare in modo equo dipendenti, fornitori e clienti è parte integrante del suo DNA e non una risposta stiracchiata agli elevati standard etici della CSR.

JL è un narratore credibile: è di proprietà dei suoi dipendenti da quasi 100 anni e non è legata ad azionisti istituzionali. Una parte dei suoi profitti è condivisa tra i suoi partner. È un’azienda motivata a fornire un eccellente Customer Service, fondamentale per il successo della vendita al dettaglio.

Al centro del rapporto con i suoi clienti c’è la promessa di prezzo NEVER KNOWINGLY UNDERSOLD: un impegno ad avere il prezzo di mercato più basso per i prodotti di marca. Fu introdotto nel 1925 e persiste da allora.

green and brown christmas wreath
Foto di Erwan Hesry su Unsplash

Ma nella laica Gran Bretagna, dove il sentimento religioso si fa da parte, il Natale assume i contorni prosaici del consumismo più sfrenato e delle ricadute, anche sociali e psicologiche, che questo comporta. Spendere più di ciò che si ha, sentire l’obbligo di acquistare regali per dimostrare affetto, viaggiare, uscire a cena tre volte alla settimana per poter incontrare prima i colleghi d’ufficio, poi le amicizie, poi ancora quelle persone che dai vediamoci almeno a Natale.

Il target di JL è propenso a soffrire di questa forma di invidia materiale che può diventare una vera e propria preoccupazione. Gli spot partono da questo precisissimo insight per fornire una versione edulcorata della frenesia dell’acquisto e restituendo il marchio come l’unico in grado di poter silenziare quella preoccupazione: chi compra da JL sta facendo un “regalo premuroso”- a thoughtful gifting.
John Lewis calma e migliora questa ansia prodotta culturalmente ma sentita esistenzialmente. Si tratta, a tutti gli effetti, di cercare di rendere nuovamente speciale il Natale riportandolo nel regno del sacro e lontano dal profano.

È un’impresa difficile ma portata a termine magistralmente. Una prova su tutte? Lo spot del 2018 con Elton John .
(Chi potrebbe effettivamente permettersi di regalare un pianoforte a Natale è un concetto di cui possiamo disquisire in separata sede).

Quindi, lo scenario che ci ha condotti qui. Poi: il punto di vista.

Lo spot di quest’anno è, beh, molto simile al regalo che riceverai da quel parente che vedi due volte l’anno e non ha idea di chi diavolo tu sia. O anche: la maggior parte dei regali di Natale che ricevo io (cosa che sì, non mi fa propendere per amare particolarmente la ricorrenza).

Secondo disclaimer: la pubblicità di quest’anno ha certamente buone intenzioni ma credo che la rappresentazione di ogni soggetto coinvolto non sia né rispettosa né all’altezza di ciò a cui JL ci ha abituati.

Lo spot, creato in associazione con gli enti di beneficenza per bambini Action For Children e Who Cares Scotland, riguarda il difficile momento dell’accoglienza di un bambino affidatario o adottivo (non si comprende con esattezza) e l’amore e le preoccupazioni dei due neo-genitori. Il protagonista è un futuro papà che impara a fare skateboard per creare una connessione con la ragazza, Ellie, che si unisce a lui e sua moglie nella loro casa.

Ecco, il primo punto sta proprio in questa ambiguità: adozione e affido sono due cose ben diverse e dovrebbe invece esser chiaro di cosa stiamo parlando. Fa parte della trasparenza, soprattutto se- come in questo caso- sono associate al brand delle organizzazioni benefiche.

La pubblicità di John Lewis è realizzata magnificamente, con un’estetica che ricorda il film Love Actually di Richard Curtis, per inciso mio grande must have di Natale. Questa estetica ha la sua conferma definitiva all’apertura della porta d’ingresso che ci svela Ellie: non posso essere stata l’unica ad aspettarmi Andrew Lincoln con i suoi (un po’ patetici) cartelli.

E però qui entriamo in un gigantesco deja vu. Gli eccessi del periodo natalizio, la tensione sulle dinamiche familiari e il netto contrasto tra ricchi e poveri possono creare un ambiente emotivo instabile. La rilassante atmosfera da sit-com della pubblicità di John Lewis potrebbe sembrare un perfetto antidoto a questa indigestione emotiva.

Dove ho già visto tutto questo? Di certo proprio nei cliché stanchissimi delle sit-com. C’è il marito uomo-bambino, infantilizzato e deriso per le sue ridicole buffonate, e sua moglie che, in un ruolo tipicamente subordinato, fa la maggior parte del “lavoro” – la vediamo al telefono, perennemente in modalità multi-tasking, impacchetta i regali.

Ma dicevo: è il punto di vista a crearmi i peggiori problemi. Perché lo script è incentrato sul padre, tutto è su di lui. Sui suoi bisogni, sulle sue paure, sugli sforzi che fa.

La ragazza che si svela sul finale è davvero come uno degli ennesimi regali che metteremo sotto l’albero. Il suo personaggio non esiste, quando dovrebbe essere protagonista. In fondo, questo racconto ci parla della difficoltà dell’affido (o dell’adozione) tralasciando completamente e oscurando volontariamente i bisogni più impellenti: quelli dei bambini e delle bambine. Perché qui, nella patria di Charles Dickens che fu il primo a parlare della condizione infima dei bambini senza sostegno e le cui storie andavano in affondo proprio verso il cuore del problema- la vulnerabilità di chi non ha nulla- questa storia evita accuratamente la realtà, creando invece una finzione in cui i bisogni della bambina accudita sono oscurati dal comportamento bisognoso del padre.

Questa rappresentazione è lesiva per la dignità dei bambini affidati, li relega ai margini, li strumentalizza e li schiaccia per evidenziare- ancora una volta- una prospettiva di cui nessuno sentiva sinceramente il bisogno.

Ho provato a pensare a chi guarderà lo spot. A chi farà male. A quel lieve ricatto morale che mi ha colto, quando quella porta si è aperta e il padre ha detto qualcosa del tipo: ah, ehm, anche io faccio un po’ di skate. A chi si sentirà un pacchetto. Chi avrà paura di esser “restituito” se non gradito.

Lo so, Il Natale è una roba pesantissima che ci costringe a fare i conti con moltissime cose con cui non vogliamo misurarci. Però, esattamente come per la sua magia, possiamo fare uno sforzo e farlo seriamente per i bambini e le bambine.
All the small things, si sente in questa cover dei Blink 182. L’opera di cura non ha piccoli gesti: ne ha di grandi, enormi, immensi così come enormi difficoltà e dolori. Non trituriamoli e semplifichiamoli perché così ci fanno vendere qualcosa in più. Possiamo fare meglio di così.


Piccolo spazio per due regali, invece, solidali.

La terapia sospesa di Mama Chat: Una donazione per consentire a chi vive un periodo difficile e non ha risorse economiche di intraprendere un percorso psicologico. Una raccolta fondi per garantire sostegno psicologico a donne, uomini e giovani in fragilità e avversità economiche. È questo l’obiettivo della ‘Terapia Sospesa’, progetto dell’associazione no profit Mama Chat ispirato alla tradizione del ‘caffè sospeso‘ di Napoli che viene lanciato in occasione del Natale.

L’adozione a distanza di Action Aid: un regalo che cambia la vita di due persone. Chi la riceve in dono proverà la gioia di seguire la crescita di un bambino. Il bambino sostenuto avrà accesso a cibo, acqua, istruzione e cure mediche e potrà crescere sano e sereno all’interno della sua comunità.

Questa è l’ultima Between The Lines dell’anno.

Grazie di cuore per aver fatto questo pezzo di strada con me.